venerdì 30 novembre 2012

Storia delle doule in Italia - 1




disegni del paleolitico, Cueva de las manas, Argentina


Mi è capitato, in questi giorni, di dover assemblare una sorta di storia delle doule in Italia per una autrice inglese di cui è prossima la traduzione  italiana. Ne è venuto fuori una specie di Bignami che mi ha messo l’acquolina in bocca. E allora voglio raccontarla anche qui questa storia, con un poco più di respiro.  La intesserò pezzetto dopo pezzetto, seguendo il mio gusto personale e il materiale di cui dispongo, ma senza lavorare di fantasia.
La figura della doula, così come si è prefigurata alle origini negli Stati Uniti con il lavoro di  Marshall e Phyllis Klaus, è strettamente legata al momento del parto e immediato post parto. Ma il prendersi cura della donna che diventa madre, dell’accudire la mamma affinchè  lei possa accudire il nuovo nato, dell’accompagnamento empatico, è un’arte esercitata anche da figure che hanno altri nomi, altre definizioni che non “doula”. 
In Italia questo ruolo prezioso, al di là di quello tradizionale della civiltà contadina, ha origini illustri e antiche.  Fu infatti Maria Montessori , scienziata, femminista e geniale pedagoga, a stimolare la formazione di “assistenti alla madre” , che si prendevano cura di lei e del nascituro dalla gravidanza fino a tutto il puerperio.  Maria Montessori è una di quelle fulgide figure su cui ci sarebbe così tanto da dire che non si sa cosa dire, che ha lasciato un’orma profonda ovunque nel mondo, ma che in Italia c’è chi la conosce solo perché stava sulle mille lire. Basti dire che il nostro  è il paese con il minor numero di scuole montessoriane nel mondo, in proporzione al numero di abitanti.
Grazia Honegger Fresco, tra le ultime sue allieve ed erede del suo pensiero, è sempre stata un riferimento per i centri Melograno, la cui prima sede è nata nel 1981 a Verona per iniziativa di Tiziana Valpiana.  Erano gli anni in cui le donne che avevano incominciato a parlare del proprio corpo e di sessualità leggendo Noi e il nostro corpo, passarono a leggere Riprendiamoci il parto, entrambi scritti da collettivi femministi americani. Erano gli anni in cui è nato quel movimento culturale che ha portato a una maggiore consapevolezza dei bisogni di madri e bambini, che ha  reso gli ospedali più accoglienti, che ha pensato un modo diverso di esercitare l'arte ostetrica, che ha indotto un certo numero di donne a scegliere di partorire a domicilio, che ha promosso la riscoperta dell’allattamento, che ha stimolato un nuovo approccio alla paternità. E’ stato un movimento internazionale, composto da tante donne e alcuni uomini, ostetriche,  psicologhe, pedagogisti, ginecologhe, madri, personalità politiche, editori. Erano gli anni dell’ospedale di Monticelli D’Ongina diretto da Lorenzo Braibanti, del parto in casa di Verena Schmid, della “stanza selvaggia” nell’ospedale di Pithivier diretto da Michel Odent, del parto attivo di Piera Maghella. 
Erano anche gli anni in cui si praticò la vicinanza tra donne al di fuori della cerchia familiare e la condivisione dei figli, il sostegno tra sorelle, come si diceva.
Il Melograno ha scelto la via del Villaggio, ovvero ha praticato il tentativo di togliere madre e neonato dalla solitudine,  attraverso la ricostituzione di una rete che sia accanto alla donna in gravidanza, durante la nascita e soprattutto dopo. Hanno incominciato dalla più semplice delle accoglienze: una casa, dove intessere relazioni e trovare sostegno pratico, calore, competenza. Da allora di strada il Melograno ne ha fatta tanta.
Ma la storia della parola “doula” in Italia incomincia all’inizio degli anni ’90. 

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